husqvarna 125 regolarita anni 70

Pubblicato il 01 Gen 2016


HUSQVARNA  125 REGOLARITA  anni 70

 Husqvarna CR 125 regolarità



'DoctorVictor' con la sua bella Husqvarna 125 nel 1975


L'Husqvana 125 non era molto conosciuta nell'ambiente della regolarità. Era più un ferro ad uso dei crossisti che ne apprezzavano le doti di robustezza del motore e del telaio. Specie nelle grosse cilindrate e a cavallo fra gli anni 60 e 70 la moto svedese era sinonimo di eccellenza in campo crossistico. A questa fama ( meritata ), non bastassero i titoli mondiali di Mikkola e company contribuivano anche le gesta cinematografiche di Steve Mc Quenn che in America la utilizzava sempre nei suoi ruoli scavezzacollo.Negli states , prima dell'avvento nipponico , la svedese d'acciaio era la regina incontrastata sia nelle polverose piste degli enduro californiani che nelle canoniche gare di motocross. In Italia il ruolo della CR 125 era legato come già detto al motocross, e non poteva essere altrimenti considerando le caratteristiche del motore, dotato di un cilindro a 5 travasi alimentato per aspirazione da un grosso carburatore che era l'Amal da 32. Ottima ricetta per stare con il gas spalancato in pista.



Il pilota Cavallero, campione italiano nei primi anni 70


Molto meno entusiasmante da utilizzare per arrampicarsi in una viscida mulattiera al limite dell'aderenza. Lo stesso serbatoio con i suoi scarsi 5 litri di capienza programmati per una manche di cross avrebbero fatto fare poca strada in montagna. L'Husqy, messa a manetta beveva come un panzer nel fango. Posteriormente la ruota era priva di parastrappi ed infatti la trasmissione era affidata ad una robusta catena derivata da macchine di cilindrata superiore e il copertone era assicurato sul cerchio da ben due fermacopertoni. Tutte cose poco gradite al regolarista che deve essere in grado in pochi minuti di smontare il tutto per riparare le sempre in agguato forature. Per il resto la macchina era comunque leggera e molto ben fatta. Il suo telaio monotrave era un esempio di razionalità e pulizia. Come un marchio di fabbrica continueremo a trovarlo in tutte le produzioni sucessive, comprese quelle Cagiva made in italy. Il motore si vede che era figlio minore dei blasonati 250 e 500 . Era meccanicamente surdimensionato per la sua cilindrata. Il cambio a sei rapporti era ad innesti frontali e la campana della trasmissione primaria era a denti dritti. Il pistone la cui corsa era quadra (54x54) aveva un unica fascia di tenuta.Questa pur avendo il riporto cromato si consumava presto ed andava cambiata spessissimo.Le tolleranze erano abbastanza larghe ed i fisiologico scampanio del pistone unito a quello della campana a denti dritti innescavano una rumorosità meccanica poco rassicurante. Roba da preoccuparsi per chi conoscesse poco la moto. In realtà questa era solidissima e di facile manutenzione. Solo i freni erano forse sottodimensionati per un prolungato uso fuoristrada. Ma anche questi rientravano in una logica crossistica, dove i pesi avevano importanza fondamentale. ed in effetti le ruote erano leggerissime. In lega speciale i mozzi e per quanto riguarda i cerchi questi erano gli Akront a bordo alto in alluminio,quanto di meglio esistesse cioè sul mercato . Le note dolenti forse venivano dalle sospensioni che infatti erano oggetto di veloci sostituzioni da parte degli esigenti crossisti dell'epoca. Davanti la pur grossa forcella Betor da 35 andava facilmente in crisi e quasi tutti la sostituivano con la ben più performante Ceriani, pur tenendo le piastre originali.



in prova speciale a Geremeas : Matteo Monni su Puch 175


Dietro gli ammortizzatori Girling funzionavano bene da nuovi ma poi era destino sostituirli con dei marzocchi a corsa più lunga e soprattutto facilmente manutenzionabili. Allora rientrava nella logica della manutenzione ordinaria rifare anche le fragili sospensioni , praticamente dopo ogni gara. In Sardegna una delle poche Husqvarna 125 immatricolate che fece gare di regolarità fu quella del mio amico Marcello Alivia. Il buon Marcello, che è sempre stato uno spirito libero ed estroverso ne faceva allora un motivo d'orgoglio. Essere l'unico pilota con un Husqvarna, in un mare di moto targate Sachs , Puch o Ktm. Dopo poche gare cambiò cilindrata e in un modo o nell'altro riuscii ad aquistargli la moto ormai in vendita. Fu con l'Husquarna un amore breve ma intenso. Addirittura passai nel breve volgere di qualche mese, sembre in modo fortuito e rocambolesco al modello sucessivo, la ben più performante ed attuale Mikkola replica,con il motore lamellare. Nel 75 questa era veramente all'avanguardia. Niente a che vedere con quella aspirata, figlia del 68, di cui stiamo a parlare. Con la Husquarna 125 cominciai la stagione del 1975.



la mia husqvarna 125 del 1974 ai giorni d'oggi ( museo dc Victor)


Pieno d'entusiasmo e di buoni propositi, nonostante le scarsissime risorse economiche, che erano quelle di uno studente squattrinato, in qualche modo riuscivo comunque ad iscrivermi alle sospirate gare di regolarità, e in dei fine settimana da leggenda facevo in moto di organizzarmi la trasferta che mi permettesse di essere ai nastri di partenza della gara. Già questo, era una vittoria. Comunque andasse a finire poi, poco importava. Quasi sempre andava a finire male... Possedere una moto da regolarità e partecipare alle gare allora non è che fosse roba da tutti. La maggior parte della gioventù ronzava per le strade con vespe , vespette e lambrettini. Tutti mezzi per noi amanti delle due ruote da cross catalogati da serie C, e i loro proprietari non li consideravamo nemmeno motociclisti.Dal nostro personalissimo punto di vista non erano che utenti della strada ancora in ristretezze economiche, desiderosi di passare quanto prima all'agognata automobile.daltronde un vespista anche quando a piedi o al bar non aveva nulla che lo contraddistiguesse dagli altri.



particolare del motore della husqy.


Noi invece avevamo sempre dei robusti scarponi che potessero essere in grado di assorbire vibrazioni alle pedane e manovrare leve cambio e freno non sempre dolci e elastici. Anche i jeans non potevano essere quelli classici a zampa d'elefante del periodo : svolazzando finivano invariabilmene nel pignone della catena incastrandosi, strappandosi e riempendosi comunque di morchia di olio per catena.Personalmente adottavo i roj rogers anni 60 a tubo che nessuno metteva più per andare al club e che venivano venduti per due soldi. Erano belli resistenti anche se un pò rigidi. Dopo lavati restavano in piedi da soli. Casco e guanti li avevamo sempre e notate bene, allora non era certo obbligatorio. Solo che noi ci eravamo abituati e al casco non rinunciavamo mai. Forse qualche volta d'estate quando andavamo al mare.Il vero e proprio marchio di motociclista doc te lo dava comunque la perenne incatramatura di magliette, giubotti etc nella schiena derivato dalle fumose miscele al 5% di olio ( castrol super TT o, meglio ancora ricinato ) con le quali le nostre bestie meccaniche si nutrivano a fiumi.Quando una ragazza saliva con noi dietro (molto spesso ) non c'era per lei modo poi di nascondere la scappatella, l'odore di olio bruciato le rimaneva incollato peggio di una permanente. A tal proposito ricordo che non mettevamo mai le pedane posteriori per cui le poverette rimanevano dietro appese a bandiera e dovevano attaccarsi a noi come cozze pena ribaltarsi dietro nell'asfalto alla prima impennata. In paese vi erano diverse bande residuate degli anni sessanta che scorrazzavano con vespe e lambrette preparate secondo canoni meccanici ed estetici per noi nauseanti.Quando trovavamo qualcuno di questi in strada era vero e proprio godimento sorpassarli con accelerazioni doppie e perchè no in impennata . Può sembrare puerile ma a quei tempi ci divertivamo con poco, e quindi anche così.



in gara con la husqvarna 125 motore lamellare ( replica mikkola)


Quando era vigilia di gara il fine settimana era scandito da un programma rituale. Tutto cio che non è strettamente correlato alla'evento della domenica passa in secondo e terzo piano.Si iniziava il venerdi con la telefonata al motoclub organizzatore per conoscere orario di partenza con relativi tempi ai C.O. e numero di gara. Quello del numero di gara e della partenza era un rito legato ai regolamenti stessi della regolarita. Le partenze nella regolarità solitamente erano imposte scaglionate a coppie di due a minuto.Specie quando i piloti entravano in tratti difficili e tecnici una delle difficoltà supplementari lo si aveva dallo dover superare gente che , magari partita svariati minuti prima, ora la si ritrovava come ostacolo, ad ingolfare una stretta mulattiera o un passaggio tecnico nel quale si piantavano impedendone il celere superamento. Quando questo poi accadeva in prova speciale allora erano dolori perchè perdite di tempo dovute ad altri te le ritrovavi poi contabilizzate in classifica. Per regolamento l'ordine di partenza sarebbe dovuto essere stilato per estrazione un giorno ed un ora ben specificato nel programma della gara approvato ed ovviamente i motoclub organizzatori mettevano un ora e un domicilio pressochè impossibile da raggiungere per eventuali osservatori di tale estrazione. Solo i gonzi credevano alla storia del''estrazione". In realtà comporre l'ordine di partenza era una chicca imperdibile per i volponi locali.Infatti i calcoli desunti fatti in base alle difficoltà del tracciato, alla presenza in determinati punti di sicure difficoltà da superare facevano anteporre davanti ai piloti avversari più temibili altrettanti meno capaci, in grado di ostacolare, loro malgrado il sorpasso nei punti particolarmente difficoltosi delle speciali. Ovviamente i piloti di casa si facevano partire per primi, con nessuno in grado di fare da ostacolo. Comunque la cosa non è che fosse molto semplice da gestire : infatti anteporre piloti troppo scarsi davanti a quelli forti degli altri motoclub poteva poi trasformarsi in un vantaggio per questi se la gara era particolarmente dura : i più scarsi infatti erano solitamente i primi a ritirarsi per cui si rischiava di ottenere l'effetto di lasciare ampi spazi liberi da poter gestire al meglio proprio nelle speciali cronometrate che si sa, iniziavano dal secondo giro di gara in poi. Molti pivelli partiti a quel punto facevano già malinconicamente da spettatori. Avuto quindi il numero e l'ordine di partenza con relativi tempi di passaggio ai controlli orario si preparava una tabella da mettere a vista. Chi incollava il foglio sul manubrio, chi sul parafango ant. ,chi sul serbatoio.La moto veniva praticamente rismontata e tutte le parti e i bulloni controllati.I raggi delle ruote serrati.Particolare attenzione ai freni, le cui ganasce venivano ripulite con carta vetro e alla catena che veniva controllata maglia per maglia. Pulizia anche del filtro aria e sostituzione dell'olio del cambio -frizione. La candela era imperativo metterla nuova .Si andava avanti con controlli e messe a punto fino a notte fonda del sabato.C'era sempre qualcosa da sistemare manco si trattasse di dover partire a bordo di un Cutter per le Americhe.



Partenza di una gara a Iglesias


La manutenzione delle moto da gara degli anni 70 era molto più lunga e meticolosa delle odierne.Erano talmente fragili che bastava poco per restare appiedati.E quando qualcosa si rompeva, questo accadeva invariabilmente nel punto più lontano dall'assistenza più vicina.A quel punto due erano le opzioni : o spingevi la moto per km e km arrivando alla fine dopo ore di fatiche ad un punto di recupero o aspettavi paziente a fianco della cavalcatura ormai muta che finisse la gara e qualcuno quidi potesse venir a prenderti a tarda sera. Ovviamente a quel punto eri attanagliato dai morsi di fame e di sete e non eri bello da vedersi su di un cassone di una motoape tu e la moto sopra.Non parlo per astratto ma per esperienza diretta : entrambe le opzioni sono state da me sperimentate quando ho esordito con la Husqvarna nel mondo della regolarità. Considerato l'inizio, ero quindi più che mai deciso di riscattarmi .Veder l'agognato traguardo di una gara diventava imperativo. La primavera l'avevo trascorsa fra convalescenze mie e messe a punto della moto. Infatti la causa di uno dei ritiri è stata la conseguenza di quella che sembrava una innoqua scivolata e che mi ha invece fratturato alcune dita. Però ora, per questa gara di fine maggio mi sento nuovamente forte ed ottimista : ne ho anche qualche motivo, si corre praticamente in casa, nelle montagne di Sinnai, e di queste strade e mulattiere conosco letteralmente tutti i sassi.O perchè li ho centrati o perchè li ho schivati.La mia Husqvarna ha ora un fresco pistone , gomme quasi nuove e catena con pochissimi km. Ho risistemato le sospensioni e anche la carburazione ottenuta mi permette di avere molto più tiro ai bassi regimi. Alla fine, dopo aver messo un pistone nuovo, lucidato a specchio tutti e cinque i travasi del cilindro e diminuito di dieci punti il diametro dello spruzzatore dell'ingordo carburatore Amal da 32 siamo riusciti con il mio meccanico Salvatore a rendere utilizzabile l'Husqy anche nella terribile mulattiera in salita di Corr'e Cerbu, tratto forse più difficile da superare dell'intera gara da affrontare, nonchè prova speciale cronometrata della stessa. Questo tratto molto impervio, che è quel che rimane di una antica carrareccia di montagna, dopo un incerto zigzagare a salire in mezzo alla lussureggiante macchia mediterranea diventa veramente difficoltoso nel tratto che porta allo scollinamento finale. Il sentiero infatti oltre ad essere in forte pendenza è pure incassato fra le roccie ed il secolare lavoro delle pioggie lo ha reso particolarmente viscido e farcito di sassi e gradoni. Di tutto il percorso che facevamo allora questo tratto è rimasto ancor oggi praticamente immutato, ed ora che lo affrontiamo con le mountain bike non ci resta che salire a cuor leggero bici in spalla. Molto più semplice di allora : Mica potevamo caricarci la motocicletta sulla schiena .Uno dei meriti della prova speciale di Corr'e Cerbu consiste nel fatto di aver decretato la fine ( ingloriosa ) della presenza alle gare di regolarità in Sardegna di vespe, vespette, lambrette e lambrettini.



Tino Valtellino con la Puch 175


Quando apparve per la prima volta nei primi anni 70 nel campionato regionale, le irte salite e i passaggi impegnativi si rivelarono insuperabili per le lamiere e le ridicole ruotine degli scooter. Rimasero ammassati a fare muta ferraglia agli inizi della mulattiera vera e propria. Anche gli ultimi irriducibili scooteristi presero atto pure loro che per correre era meglio qualcosaltro.



generosi aiuti nella difficile mulattiera di Corr'e Cerbu...


Quell’ultima settimana di maggio era quindi per me l’appuntamento in cui mi sarei riscattato di tutti i guai patiti nelle gare precedenti. Tirata quindi al meglio delle mie possibilità, l'Husqhy il mattino della gara è finalmente dentro il parco chiuso insieme ad un altro centinaio di moto di tutte le cilindrate. Si aspetta con trepidazione lo start della prima coppia che partirà alle nove esatte. A seguire quindi tutti gli altri, a due a due ad ogni minuto. Il giorno prima, al sabato è venuto giù un aquazzone improvviso che ha reso tutta la zona molto umida e strade e carrareccie sono piene di fango e pozzanghere grandi e piccole. Anche i rii di Santu Barzolu e di Taulaxia si sono ingrossati ed ora sicuramente occorrera fare dei guadi impegnativi. Tutte incognite da aggiungere a quelle gia preventivate. Comunque ora il tempo sembra che si stia aprendo e, pieno di fiducia ed ottimismo mi dispongo in fila in attesa del mio start. La moto dal parco chiuso la puoi togliere un quarto d'ora prima del tuo tempo teorico di partenza ed io l'ho fatto prontamente per darmi un ultima controllata generale. Più per togliemi la tensione della gara che per rimediare a qualcosa di inatteso. C'è comunque molta umidità nell'aria. Speriamo la il motore si avvii subito senza tante storie. Se parti a spinta ti beccheresti subito sessanta punti di penalità e non sarebbe quindi un bel cominciare... Parto affiancato a Marcello Alivia che è in sella ad una Gilera 50 competizione. Marcello di tutta la compagnia presente è forse il più eclettico ed estroverso personaggio. Non basterebbero interi capitoli per riassurmene la prorompente personalità . La moto con cui stà partendo ora è la terza o quarta diversa della stagione e naturalmente anche questa è riuscito a farsela prestare ... solo lui riusciva in certe imprese ! Finalmente è il mio momento.



partenza della gara da Pixina Nuxedda: io con la mia fida husqvarna, a fianco Marcello Alivia con il Gilera 50


Sono sulla linea con il cronometrista che di fianco mi avvisa che mancano 30 secondi. Apro il rubinetto della benzina. " 15 secondi...", do un cicchetto al carburatore e vedo che la miscela al 5% fatta con il castrol ricinato va giù bagnando i carter. L'Amal non ha l'aria da tirare per cui occorre arricchire la miscela se vuoi partire a freddo. Marcello a mio fianco fa più o meno le stesse cose sul suo Gilera ma credo non debba essere rimasto molto soddisfatto pochi istanti dopo : infatti al fatidico via la mia Husqhy al primo colpo di pedivella si anima immediatamente, lo scoppiettio della sua marmitta a tromboncino laterale inonda l'aria del caratteristico odore acre dell'olio ricinato bruciato, il suo cinquantino invece, nonostante vigorosi colpi di pedale rimane desolatamente muto. Mentre mi allontano con calma per dar tempo di far scaldare il motore infilando le prime marce mi volgo e faccio ancora in tempo a vederlo spingere la moto in salita per avviarla. Subito occorre inerpicarsi per la strada che da Pixina Nuxedda va a Corolleddu passando per la bellissima mulattiera di Gromai che scala a gradoni e tornanti la montagna. Questo bellissimo sentiero che si inerpica immerso nella vegetazione per svariati km è anche abbastanza tecnico perchè a parte la pendenza , il terreno è alquanto accidentato ed in molte zone è reso pure viscido da numerosi passaggi d'acqua e anche veri e propri torrenti che a tratti si incuneano dentro rendendo come sapone i grossi sassi che per lunghi tratti pavimentano il fondo. Infatti questo sentiero è ciò che resta di una importante strada romana che però per diversi tratti è ancora integra. Essenze mediterranee e alberi secolari adombrano i tornanti e lo scenario naturalistico è fantastico.



Partenza di una gara di regolarità .


Mentre sali a fatica cercando di stare in piedi il più possibile sulle pedane sento il cuore battere forte e il respiro è affannoso. Il prossimo giro questo tratto sarà Prova speciale, cioè sarà cronometrato e bisognerà mettercela tutta. Si fa già fatica cosi... speriamo bene !. E comunque questo sarà una cosa da gestire il prossimo giro, fra un paio d'ore, magari intanto il terreno si sarà un pò asciugato, la giornata infatti sembra ora girarsi decisamente al bello, il sole comincia a scaldare per cui , pieno di ottimismo mi butto ora per i tornanti in discesa di Montecresia che porteranno al passo di S'Arch'e Tidu. Li breve tratto in asfalto e poi dentro nuovamente ad andare all'antico villaggio di S. Gregorio di nuovo per sentieri accidentati e mulattiere... In queste gare di regolarità il primo giro è sempre convulso. Vi è il solito dilemma dei sorpassi fra corridori in gara nelle cilindrate più disparate. Ma i più facili da raggiungere e sorpassare sono sempre loro : i temerari in gara con i cinquantini ! Costituiscono il grosso dei partenti ma, causa la fragilità e la poca potenza dei piccoli motori già al primo giro ne vedi moltissimi fermi con il cilindro grippato o peggio. Per forza sempre spremuti al limite, li vedi impegnati arrampicarsi allo spasimo con movimenti funambolici dei loro piloti, che per forza di cosa devono essere piccoli e leggeri. Infatti per tenere il motore su di giri con delle marce alte su un cinquanta che raramente supera i 6 cavalli di potenza non puoi permetterti di pesare più di 55 chili, casco e stivali compresi. Anche il regolamento riconosce che i cinquantini sono penalizzati ed infatti la media di gara che devono tenere è inferiore a quella delle altre cilindrate. Poi però non è che i cinquantini siano tutti uguali. Abbiamo due tipologie fondamentali :iniziamo da quelli " codice ", cioè dei ciclomotori senza targa che nascono per essere dei pacifici mezzi per quattordicenni.Questi te li ritrovi in gran numero in gara modificati e preparati allo spasimo in mano a studenti squattrinati pieni però di passione ed entusiasmo. Un classico è il "Caballero " della Fantic, ma ci trovi pure dei Garelli, Beta, Aspes ed altri ancora di produzione nazionale o di incerta provenienza. Per tutti questi temerari che si lanciano al via di una gara di regolarità la massima ambizione e finirla, cosa che però riesce molto di rado e a pochissimi. Solitamente è già un buon risultato terminare il primo giro, stupefacente arrivare senza danni a metà gara, epico tagliare il traguardo finale. Naturalmente quando cio accade lo fanno comunque al limite del fuori tempo massimo e con la moto ridotta ad un rottame che però in qualche modo ancora funziona. In questi casi la gioia dei corridore che la cavalca è incontenibile. Poi ci sono i cinquantini "seri ", cioe delle vere e proprie macchine da gara concepite per le competizioni. Hanno la targa come le loro sorelle di maggior cilindrata in quanto i motori escono di fabbrica gia adeguatamente preparati per correre. Portano sempre nomi esteri , stiamo parlando di Sachs, Puch, e Zundapp.... Sono vere e proprie moto, robuste di ciclistica e di motore.



Carlo Vadilonga con il Puch Frigerio 50


Chi le porta solitamente è gente che ci sa fare, piloti esperti e smaliziati, come Gennaro Fontana, o Sensalari, Piccardi , La Capria, Ottaviani e cosi via. Se non sei sveglio ti passano di brutto anche se stai guidando una moto di grossa cilindrata, e comunque nei sentieri sono imprendibili. Difficile trovare questi qui fermi ritirati a bordo strada.Solitamente i loro cinquanta li rivedi parcheggiati ben allineati all'interno del parco chiuso a fine gara.



gara a Domus De Maria nel 1975 :Marchisio su SWM 125


I nomi di questi regolaristi compaiono sempre a rivaleggiare nel podio di cilindrata e nelle parti alte delle classifiche assolute. Finalmente arrivo nei pressi del primo controllo orario. Una bandiera gialla a trecento metri indica che da li in poi puoi ricevere assistenza. Nel senso che se hai una squadra che ti assiste puoi rifornire e sistemare la moto nel tempo che ti rimane prima di entrare a vidimare il tuo tempo di passaggio al controllo orario. Se il tratto non era " tirato " hai tempo di fare benzina e altro con calma. Se vi è folla intorno, cioè quelli che ti precedono sono ancora li vuol dire che sei in anticipo e fai con calma ma se arrivando non ci sono moto fra te e i cronometristi allora è meglio sbrigarsi perchè probabilmente sei al limite o addiritura in ritardo sulla tabella di marcia , ed allora sono penalità che fioccano : 60 punti a minuto, come prenderle in prova speciale. Questo controllo orario è situato nelle vicinanze di Sinnai, Il buon Salvatore mi aiuta a fare benzina prendendo un piccolo Bidone da cui cominciano a calare nel serbatoio i tre litri di miscela preventivati per fare il pieno. nessuno per regolamento può toccare o lavorare sulla moto in gara tranne il pilota che sarà quindi obbligato a fare tutto da se. Quelli all'assistenza possono solo passarti ferri e chiavi. Ora inizierà, dopo un piccolo tratto in trasferimento la lunga prova speciale che culminerà nella difficile miulattiera di Corr'e Cerbu. Speriamo bene ... L'inizio della prova speciale è poco prima di un guado di un torrente in piena. Doveva essere piu in là ma i cronometristi si sono guardati bene dal tentar di attraversarlo e si sono quindi sistemati con bandiere e tavolino una decina di metri dalle acque agitate. Che ce la vedessimo noi con l'allegro ruscello. La cosa non era da predere sottogamba. Innumerevoli le moto , soprattutto fragili cinquantini, fermi sulla riva opposta con i motori e gli impianti elettrici messi KO dall'acqua.E' tutto un febbrile tentativo da parte dei piloti appiedati di cercar di far ripartir i motori cambiando candele, spurgando i cilindri con la moto capovolta etc. C'è chi smonta anche la marmitta ed altri che tirano via pure la testata. Inesorabili i cronometristi fanno partire uno alla volta: tre...due...uno... via ! e giu subito dopo dentro il fiume... Le moto ansimano e il rumore del motore diventa un borbottio ovattato mentre si arriva a metà del fiume. Il livello dell'acqua supera spesso l'altezza del cilindro e le marmitte scaricano in un vortice di bolle e schiuma. Bisogna tenere il gas aperto con una marcia bassa ed evitare di smanettare, solo così se naturalmente hai impianto elettrico e carburatore ben protetti ne esci fuori.



bandiera di fine prova speciale a Corr'e Cerbu ( Sinnai)


Quando tocca a me mi butto dentro con la seconda innestata senza pensare a nulla. Sento l'acqua arrivarmi da tutte le parti ed il motore sembra quasi ammutolirsi mentre però l'Husqhy continua a procedere brontolando in avanti . Con il manubrio saldamente tenuto e gli stivali RG appoggiati sul serbatoio per non bagnarmi completamente fortunosamente riesco a guadagnare la riva opposta indenne, mica cosa da poco... tutt'intorno è un insieme di moto molte ormai prossime al ritiro. Scampato questo primo pericolo , e per questo più che euforico quindi, vado via da questo posto a manetta, infilandomi per i sentieri del tratto a cronometro... Sterrati pieni di fango, carrareccie piene di buche e sassi ed infine i saliscendi su labili sentieri pieni di trappole per le ruote della mia husqvarna fanno da avvicinamento al temuto tratto finale, : il sentiero di Corr'e Cerbu. Finora ho saltato e deviato sassi buche e radici, a volte prendendole invece in pieno, ed allora son dolori... La forcella Betor da 35 fa quello che può, cioè molto poco specie quando si scalda. Un solco di traverso e senti subito stridere di gomma e rumore di ferro che tocca. Ci vuol poco che vada a pacco. Il motore è alla frusta nei salitoni di Malletta ma seconda terza e quarta ben usate sono marce che ti scaraventano bene in avanti. Bisogna tener duro... Ecco alla fine il tratto temuto. Lo vedi da lontano perchè la rigogliosa verde macchia mediterranea appare orlata da una lunga linea di mille colori. Come ti avvicini cominci a riconoscere un eterogeneo miscuglio di moto, spettatori , amici ed aiutanti improvvisati che nell'insieme incitano e si danno da fare per aiutare in tutti i modi a far salir su le moto, in un modo o nell'altro. Quando anch'io mi ci infilo sembra di stare in un girone dantesco... Moto ferme spente, altre invece al massimo dei giri cosi come la gomma posteriore che però gira a vuoto scavandosi la fossa nel terreno. Piloti esausti a mezza costa ed altri invece generosamente aiutati dalla " compagnia di spinta " a salir su. Gli ultimi trecento metri di questa prova speciale sono proprio una tremenda baraonda. Per mia fortuna in mezzo a questa bolgia vi sono molti miei amici venuti da Sinnai a incitare ed aiutare. Naturalmente sono tutti li dove ben sanno che le difficoltà sono sicure. In breve mi ritrovo ad andar fortissimo in salita a motore spento superando frotte di piloti piantati fra i solchi in salita della mulattiera.Poi un ultimo sforzo e sono fuori dalla speciale, sudato, trafelato ma soddisfatto per essere ancora della partita... Sullo stradaccia in salita che porta verso il monte Serpeddi, dove è ubicato un controllo orario comincio a concentrarmi sul proseguo della gara... Praticamente sono a metà gara, e fin qui ci sono arrivato indenne, Fra un pò inizierà il secondo temuto giro e sarà prova speciale il lungo tratto fatto di sentieri e tornanti che sale da Gromai per portare alla piana di Corolleddu.



Ignazio Alfarano su SWM 125


La giornata ormai è decisamente tersa e calda. Penso che si possa salire con più facilità del primo giro quando ancora mattino ,l'umidità della notte precedente aveva reso viscido e scivoloso il fondo in diversi tratti. Parto quindi al via dei cronometristi, sperando di far bene. Comincio ad arrampicarmi di buon passo seguendo i primi tornanti sotto gli alberi di S. Pietro Paradiso, poi comincia il tratto impervio, la temuta mulattiera di Gromai. Qui, a differenza del resto del percorso il terreno è molto bagnato, anzi è fradicio di fango e detriti vari. All'inizio non riesco a capire mentre comincio ad avere difficoltà di trazione. Salgo a stento con la seconda a mezzo gas, ma la gomma pattina sempre più spesso. Si intravedono le prime moto di traverso ma è subito dopo che la bolgia appare in tutta la sua drammatica evidenza. Il torrente che scorre infatti non fa che alimentare la fanghiglia che il passaggio di tante moto ha reso come sapone spalmandolo su sassi e radici. Nel punto più duro è un dannarsi di piloti che si accavallano spingendo la moto spesso inutilmente. Certi penosamente riescono ad andare avanti,ma altri proprio non ce la fanno e stanno di lato a riprender fiato. In mezzo a tutto questo, anche la mia Husqhy alla fine si pianta. La gomma posteriore gira penosamente a vuoto incapace di superare sassi e radici. La pendenza fa il resto. Comincio anch'io ad aver caldo e a sudare. Tolgo pressione alla ruota posteriore ma intanto qualcuno riesce a salir su con tecnica e mestiere. Specie certi cinquantini salgono che sono da invidiare. Leggeri e facili quindi da spingere i loro conduttori non si fanno problemi nei tratti critici . Spingono e quasi se li mettono in spalla ma si arrampicano all'apparenza facilmente, almeno i migliori. Stò quasi per farcela anch'io ma alla fine la moto mi si ingolfa e non vuol più saperne di riaccendersi. Dopo svariati inutili tentativi di pedivella e imprecazioni mi tocca spingerla a ritroso perdendo i preziosi metri fatti in salita con tanta fatica.Se non faccio cosi però sono destinato ad ingrossare le fila dei ormai numerosi ritirati. La falcidia di mezzi e piloti infatti ormai è palese.A costo di pagare altri minuti di penalizzazione ma non voglio arrendermi. Stavolta qui non c'è compagnia di spinta e dovrò sbrigarmela da me. Butto la moto in discesa e innesto la terza, poi la seconda e finalmente il motore comincia a tossire in una nuvola di olio e menzina incombusta. Finalmente riaccesa riparto verso l'alto. Ora ci sono poche moto in mezzo e ne approffitto per salire spingendo di fianco e lavorando di frizione e gas con la prima innestata. Saltellando ed ansimando finalmente riesco ad uscire da questo budello. Che per molti altri è risultato la fine della loro corsa. Anche stavolta l'ho scampata, la gara per me continua... Ora il sole è a picco, è quasi mezzodi e mentre scendo verso valle per i tornanti di Monte Cresia con l'orecchio cerco di capire se la meccanica della mia cavalcatura sia ancora tutta a posto. Il timbro della marmitta è corposo, e la rumorosità che arriva dal motore sia in accelerazione che in rilascio è il solito.



eroico pilota di cinquantino sotto la pioggia torrenziale a Domus De Maria , si ritirerà come tutti gli altri tranne uno : Carlo Vadilonga con il suo Puch 50 Frigerio..


Solo la catena si sente che è secca ed infatti stride parecchio ma per quello mi preoccupo poco. La mia husqvarna ha la trasmissione finale a maglie larghe, come nelle moto di cilindrata superiore e non c'è pericolo che si rompa, o almeno non mi è mai accaduto. A differenza di tanti miei amici, spesso ritrovati a bordo strada con la catena in mano. Al controllo orario di Sinnai benzina , olio alla catena e pressione alle ruote rimetteranno in forma la mia Husqhy. Quando ci arrivo non trovo quasi nessuna moto ferma ad attendere. Ma non sono in ritardo. E' che si sono formati grossi vuoti fra i partecipanti , molti si sono gia ritirati e lo vedi anche da tante moto malinconicamente già legate su carrelli di trasporto vari. Non ero mai arrivato fino ad una situazione simile. Solitamente ormai la gara la vivevo " dall'altra parte ", seduto a guardare. Quando arrivo all'inizio dell'ultima prova speciale trovo che i cronometristi si sono ora appostati oltre il guado che aveva mietuto vittime a piene mani il giro passato. Probabilmente il direttore di gara, visto l'impressionante numero di ritirati e preoccupato di non veder nessuno arrivare alla fine li ha fatti spostare. Con l'aiuto di volontari è stata creato un passaggio con sassi e tronchi ed ora si può saltare il torrente senza guadarlo in profondità. Parto quindi per l'ultima speciale che rispetto al passaggio precedente riesce molto più semplice da farsi specie nel tratto finale di Corr'e Cerbu. Il terreno si è asciugato alla perfezione e poi moto ferme di traverso nei punti critici non ne trovi più. Gia ritirate. In compenso è immutato il numero di tifosi ed appassionati sempre pronti a tirarti fuori dai guai ma stavolta salgo su liscio senza spinte o aiuti vari. Mentre risalgo verso monte Serpeddi comincio a fare i calcoli da ragioniere. Ancora pochi km. di sterrati verso il paese di Burcei e poi praticamente la gara sarà finita perchè c'è da fare solo un lungo trasferimento in asfalto fino a Cagliari. L'arrivo infatti è previsto sulla sommità del parco di monte Urpinu, nel cuore della città. Da Burcei in poi il tempo di percorrenza previsto nella tabella è altissimo per cui, nei fatti la gara finisce lì. Ancora pochi km. ed è fatta!! Ma è nel destino che che le cose non debbano essere così scontate. Infatti... MORTE DI UN ASINO Ho superato di slancio il brutto tratto in salita di Garappiu e finalmente mi tuffo nei tornanti in discesa che portano a Burcei. Il paese si vede in basso, in lontananza. Con la mente sono già all'arrivo dove mi aspettano, ne sono certo tutti i miei amici per far festa. Finire una gara di regolarità dà prestigio e ti riempie di orgoglio. Tutte cose che servono sempre, specie al club il sabato sera quando devi rimorchiare al ballo... Con il gas spalancato esco di curva derapando e infilando marce una dietro l'altra. Il motore prende subito i giri anche grazie alla pendenzaevole. Il fondo della strada è abbastanza buono per cui gioco ad entrare in curva stringendo dentro la cunetta per uscirne poi sparato in accelerazione.



 


Sto proprio giocando spensierato, in realtà non servirebbe mica andar così, il tempo per il controllo orario è tutt'altro che tirato. Lo schianto accade improvvisamente. E' come un ombra grigia quella che mi chiude la visuale all'uscita dell'ennesima curva. Non riesco neanche a materializzare bene la cosa che mi ritrovo a roteare verso l'alto. Dopo lunghi interminabili istanti vado a picchiare duro sul ciglio della strada, sbattendo di casco ,schiena e gambe una decina di metri oltre la curva. Mi rialzo mezzo confuso a cercar l'Husqvarna ma di fronte a me si presenta una sequenza di immaggini allucinante : l'ombra grigia era un asino ed io l'ho preso in pieno.



Geme e scalcia a terra vincolato alla moto che è rimasta accesa con il gas spalancato. La ruota posteriore gira rabbiosamente a vuoto e il motore pare debba esplodere da un momento all'altro. Dolorante e sanguinante cerco di avvicinarmi al tutto ma la cosa non è tanto semplice, Fra l'asino che scalcia a terra convulsamente e la ruota che sembra trasformata in una motosega a piede libero all'inizio non so bene come intervenire. Infine mi ci butto e con la mano tiro via la pipetta della candela. Gran scossa di corrente ma almeno il motore finalmente si ammutolisce e la ruota si blocca. Anche l'asino, quasi in simbiosi con il mezzo meccanico sembra spegnere il suo stato convulso. La prima cosa che cerco di capire è se sono in grado di muovermi e di rialzare la moto. Non ho nulla di rotto ma il tentativo di raddrizzare il mezzo si preannuncia complicato. Nell'impatto l'asino si è come incastrato sotto. Ora il poveretto non si muove ne raglia più. E' palesemente defunto. I peli incastrati fra piastra e stelo della massiccia forcella Betor da 35 mi fanno capire quale sia stato il punto di impatto principale. L'asino ci è andato a cozzare di testa. Provo a tirarlo via da sopra l'avantreno ma, incredibilmente è tenacemente incastrato con una zampa infilata fra i raggi della ruota anteriore, zoccolo compreso. Tiro disperatamente ma riesco solo a trasformare il tutto in una massa di fango, sangue e pelle sanguinolenta. La zampa non viene fuori. Ma il peggior incubo si materializza subito dopo. Le urla animalesche che comincio a sentire in lontananza e che finiscono per distogliermi dal mio affacendarmi sono del pastore sicuramente proprietario del povero asino appena trapassato. Mi volto e lo vedo ancora in lontananza mentre corre come un selvatico giù per la china del monte di fronte. Deve ridiscendere e poi risalire una china per poter raggiungere il ciglio della carrareccia. Il tratto è impervio e fitto di macchia mediterranea ma il tizio si vede che si avvicina rapidamente , e gesti e invettive non sono di certo concilianti : Su burriccu... su burriccu... urla forte e alterato. Capisco al volo che li c'è poco da attendersi pacate discussioni. Se arriva addio traguardo finale e attesi sogli di gloria. Qui finisce male.. Realizzo che mi rimane una sola cosa da fare per salvarmi : cercare di scappare prima che mi piombi addosso , ora che si è avvicinato ancora comincio a vedere altri particolari, oltre irripetibili minacce quello che agita in mano non è il basco come mi era parso da più lontano ma una molto poco rassicurante roncola. Ti segu su zugu a cavuna,.. maladittu... comincio a sentire nitido da sotto. Il tizio infatti è arrivato di sotto al colle e ora stà cominciando ad arrampicarsi per raggiungere il ciglio della strada. Pochi istanti e me lo ritroverò di fronte. Devo sbarazzarmi dell'asino e devo farlo in fretta... Provo ancora a schiodare la zampa ma questa si è infilata di forza poco sopra lo zoccolo fra i raggi della ruota e non c'è verso... Provo con le pinze ma i raggi da 4 millimetri sono in acciaio è non riesco neanche a scalfirli.. Il panico comincia a prendermi, so che è questione di attimi, Poi mi ricordo del coltello che ho nella tasca della giacca . La decisione è rapida come pretende la situazione :comincio a disarticolare le giunture della zampa dell'asino e finalmente libero l'Husquarna un attimo prima che appaia il pastore. Spingendo in discesa salto sulla sella per riavviare il motore ed è in quel momento che di dietro si sentono urla forsennate : appena in tempo , pochi secondi ancora e non ce l'avrei fatta a salvarmi .. Il motore però non si riaccende..., poi ricordo che avevo tolto via la pipetta dalla candela, veloce manovra e via ,finalmente il rassicurante borbottio dello scarico torna a farmi compagnia ! Mentre mi allontano velocemente ho ancora il cuore che batte a mille per lo scampato pericolo. Di davanti si sente un rumore sconosciuto, che non è di meccanica. Mi fermo un attimo a controllare : la parte della zampa dell'asino che comprende anche lo zoccolo è rimasta tenacemente impigliata nei raggi ed ora questo va a sbattere fra gli steli della forcella . Siccome reputo che la cosa non sia così grave continuo ed infatti lentamente, per via dell'usura lo sbattere è sempre più ovattato. Solo che tutto l'avantreno della moto si è coperto di un film di fango , peli sangue e grasso animale... Finalmente metto le ruote sull'asfalto che porterà a Cagliari. Mi fermo un attimo perchè vorrei levare l'ingombrante trofeo ma la cosa non è semplice perchè dovrei segar via o un raggio o un osso .., inoltre immediatamente sciami di mosche ed altro cominciano a ritrovarsi tutt'attorno per cui risalgo svelto e decido di arrivare così all'arrivo.



Marcello Alivia all'arrivo a Cagliari :gli ultimi km fatti sul cerchio ma con  la Gilera 50 fu fra i pochi a terminare la gara..


Una gran folla aspetta a Monte Urpino, sotto lo striscione d'arrivo. Risalgo trionfalmente il salitone finale, taglio il traguardo e, finalmente posso spegnere la moto per portarla a spinta nell'agognato parco chiuso. Poche le moto dentro, saremo in pochi a finire questa prova oggi . Incredibilmente ancora nessuno a notato lo zoccolo fra i raggi. Mentre sto con i miei amici a dissetarmi con casse di birra fresca si sente uno stridente strisciare di metallico in avvicinamento . Poi compare marcello Alivia con il suo Gilera 50 arrancando pattinando sul cerchione posteriore che rotola sul vivo dell'asfalto producendo un baccano infernale. Il buon Marcello, una volta forato e probabilmente impossibilitato a riparare il pneumatico, se ne è sbarazzato ed a continuato stoicamente sul cerchio ( ..la moto non era sua... ). Sul filo del fuori tempo massimo, ma anche lui è riuscito a finire con grande gioia.



in prova speciale a Carbonia: assetto molto 'crossistico' della mia husqvarna, al limite del regolamento anche a quei tempi..


  EPILOGO


Sono passati più di trent'anni da quei tempi ed ovviamente molte cose sono cambiate da allora. L' aggregazione che nasceva spontanea fra i giovani ora è solo un ricordo e la vita odierna porta tutti ad essere più chiusi ed attaccati al proprio tornaconto personale. Un tempo esistevano tantissime associazioni e club grandi e piccoli, segno di fermento ed integrazione. Ora vedi i ragazzi al massimo in due, in tre già non vanno più daccordo, riempiono le discoteche a migliaia, ovviamente migliaia di soli. Per quanto riguarda i percorsi che facevamo allora in moto, alcuni ci sono ancora, tali e quali trent'anni fa, come il sentiero di corre'Cerbu o la strada che sale a Serpeddi. Ma altri, come il sentiero di Gromai o la carrareccia che portava a S. Pietro Paradiso rimarranno soltanto impressi nei nostri ricordi. Stravolti e ruspati pesantemente ora fanno parte della sede stradale di una bruttissima , inutile e pericolosissima strada asfaltata, ed il bosco tutt'attorno è scomparso, in seguito ad incendi appiccati anche grazie all'asfalto che ha permesso a cani e porci di salire da quelle parti con comodo e senza impegno. Per fortuna molte strade di montagna sono ancora a fondo naturale e speriamo che l'inversione di tendenza di questi ultimi anni sull'uso indiscriminato di asfalti e malaffari duri. E poi in quest'epoca sono sorte le mountainbike. Allora non c'erano ed è stato veramente un peccato che abbiamo dovuto aspettare che ci pensassero gli americani ad inventare questo modo di andare in bicicletta per sentieri e montagne. Il futuro in fondo ci sorride...