windsurf gli anni 80

Pubblicato il 07 Mag 2016



Villasimius 1981


In Sardegna e a Cagliari in particolare il primo approccio che si ebbe con questo nuovo sport a vela non fu tanto ludico quanto sportivo. Il fatto che i primi windsurf che cominciarono a solcare le acque fossero praticamente tutti Windsurfer o simili, incoraggiò i primi pionieri a partecipare alle regate che  venivano organizzate un pò ovunque, con lo scopo di promuovere questa nuova disciplina. Uno dei fattori vincenti per la diffusione del windsurf era che queste tavole, praticamente tutte, avevano una lunghezza e un volume tale che permettevano di entrare in acqua praticamente sempre. Anche con pochissimo vento si riusciva ad andare, dipendeva dalla bravura del surfista. Le regate si svolgevano sul tradizionale circuito a triangolo, dove il primo vertice da raggiungere era messo ottocento e più metri esattamente nella direzione del vento, per cui , come in tutte le discipline veliche,era imperativo  fare le migliori boline possibili, saper andare controvento cioè.



Poetto (CA) 1980


La tattica che adottavi era fondamentale e quindi la tecnica che si aveva era vitale per primeggiare.  Il successo di queste regate ea garantito perche stabilita la data e l'ora, solitamente mezzogiorno, si dava il via. Poco o tanto che fosse il vento, questo non era un fattore  decisivo. Si potevano svolgere regate intensissime e impegnative anche con pochissimo vento.Bisognava essere bravi a sfruttare al meglio traiettorie (bordi) e la poca brezza per primeggiare anche in quelle condizioni. Con il vento forte le cose si complicavano. tavole e vele , così piacevoli da utilizzare con venti leggeri e medi,andavano in crisi sotto le raffiche del vento forte. La difficoltà a planare, il poco antisdrucciolo, le vele molto grosse e lasche, rendevano veramente difficile andar per mare con vento sopra i 12 metri al secondo. Diventava una questione per pochi e bisognava dar fondo a tutti i trucchi del mestiere.Per poter uscire con vento intenso si montava una vela ridotta, la così detta "tormentina", poteva variare dai 3 ai 3,5 metri, e poi si usava una deriva molto piccola. Le derive tradizionali o erano fisse o erano basculanti ma non a scomparsa per cui frenavano parecchio e tendevano a far orzare la tavola sotto raffica. Si iniziò ad usare il trapezio. Messo a punto dagli smaliziati  praticanti  Hawaiani, questo supporto consisteva in un gancio con  cui far presa alle apposite scottine legate al boma.



Poetto (CA) 1980


Ora è divenuto d'uso comune e la sua foggia è quella che tutti conosciamo. Avvolge il bacino e il tronco degli arti inferiori. I primi trapezi invece erano più semplici e scomodi, Potevano essere definiti " ascellari" perchè cingevano il surfista con una fascia che praticamente avvolgeva il petto. Poi si standardizzarono dei giubbini che avvolgevano il tronco, molto più pratici questi, in quanto fungevano anche da salvagente, Apprezzati ed utili soprattutto quando, con l'evolversi dei windsurf e delle varie tecniche, si cominciò a fare le partenze dall'acqua sfruttando la forza del vento sulla vela. Ma, nei primi tempi, queste ed altre manovre erano pressochè sconosciute. Vele lasche e boma lunghissimi rendevano di fatto il recupero dell'attrezzatura una pratica da fare nel solito modo, utilizzando cioè la scotta di recupero, tecnica questa riservata ormai solo in assenza di vento adeguato. Ma allora , con i tavoloni e le vele triangolari, questa manovra si era giocoforza costretti a farla anche in presenza di vento forte. Recuperare l'attrezzatura dall'acqua e ripartire  in quel caso non era semplicissimo.Si cercava di mettere la tavola prua al vento per farsi aiutare da questo nell'impresa di far uscire la vela dall'acqua e poi con mestiere e maestria  ci si metteva in assetto e si ripartiva.



Doctor Victor con un sinker autocostruito nel 1983


Ai tempi non c'era internet e l'unica rivista specializzata che parlasse di  Windsurf in Italia era Surf, nata nel 1980 prima bimestrale e poi mensile. 



Primo numero della rivista SURF


grazie ad essa , noi venivamo ad apprendere tutte le novità  che si avevano ormai a getto continuo un mese dopo l'altro.



Robby Naish


Il teatro che ci faceva sognare di più era quello delle Hawaii dove uno scatenato Robby Naish faceva proseliti , e dove soprattutto  grazie al suo grande talento ci vedevamo  letteralmente modificare le caratteristiche a cui ci eravamo abituati parlando di windsurf.



prima tavola modificata per il salto:si nota l'irregolare taglio della poppa


Il biondo giovanotto californiano trapiantatosi nelle isole esotiche , anche grazie alla presenza del padre, entrato nel 1976 nella società elvetica Mistral, diventò presto il testimonial principale di questo marchio. E, nelle acque, e soprattutto nelle onde hawaiane  cominciarono loro per primi a  rendere possibile l'uso del windsurf con onde e vento forte



Solanas 1981:doctor Victor con l'alpha Rocket , una fra le prime tavole funboard commercializzate


. il primo passo fu modificare la  tavola di un mistral  competition, portandola da quattro a tre metri, tolta via la deriva e, altra innovazione, posizionare a livello dei piedi dei punti in cui questi potessero rimanerci ben saldi. Furono inventate e  quindi  applicate le straps. Accorciando la tavola divenne indispensabile accorciare pure il boma che dagli oltre 280 cm venne portato a 240 cm. Con questo sifatto windsurf il bravo Robby cominciò a sbalordirci con il repertorio di figure ora possibili... : planate a velocità inimagginabili prima, salti acrobatici in pieno controllo.., nuove manovre in velocità come la strambata power e le partenze dall'acqua fatte con facilità apparentemente irrisoria.. Nelle immagini che ci arrivavano puntualmente ogni mese ci si rivelava tutto un nuovo mondo del Windsurf... E questo mondo ci piaceva moltissimo...!



con la tavola a volume Alpha Panthom nel 1982


Certamente intanto da noi la tavola classica spopolava e nelle spiaggie d'estate si vedevano sempre più vele multicolori prendere il largo. Ormai il fenomeno stava crescendo e diventando veramente popolare. Non solo giovani , ma anche meno giovani, mogli e fidanzate tutti volevano provare il windsurf . Nelle calde giornate estive bastava ci fosse un poco di brezza perchè novelli windsurfisti prendessero il volo come farfalle in un prato azzurro .



tipica windsurfista anni 80


Allora al mare il tanga o gli slip ridotti erano la norma, almeno per chi poteva permetterselo esteticamente. Invece, sempre importata come moda hawaiana, i surfisti avanzati avevano tutti i sundek "d'ordinanza"..Queste bermuda fatti con il dacron generalmente usato per fare vele era un capo tecnico indispensabile per poter salire sulle ruvidissime tavole. Un comune costume da bagno non ti avrebbe protetto da abrazioni o peggio derivanti dall'impatto con l'antistrucciolo. Allora ci deridevano. Ora invece tutti vanno al mare con la firma sundek sul di dietro, anche se non sanno neppure cosè un windsurf ...


Esploso il fenomeno una moltitudine di nuovi costruttori cominciò a commercializzare tavole e prodotti per il windsurf cercando di accapparrarsi fette del goloso mercato. Sempre la rivista Surf era per buona metà una vetrina commerciale di pubblicità di costruttori grandi e piccoli. Windsurfer, mistral, winglider erano al momento il punto di riferimento per cui le proposte commerciali tendevano a presentare un prodotto simile ma che costasse meno. Agli inizi degli anni ottanta le marche più o meno conosciute erano ormai centinaia...



primo funboard autocostruito nel 1982


Tornando però a prima come detto non passava mese che non ci fossero novità da sperimentare. Ormai tutti noi surfisti avanzati volevamo una cosa solo : cavalcare e domare il mare nelle giornate di maestrale forte. E si. Con i canonici windsurf "AllRound" potevi andare con brezze, vento termico ed anche con moderato scirocco o vento da sud. Ma il divertimento finiva quando arrivava puntuale il maestrale. Allora non c'era esperto o bravura che tenesse. Semplicemente dovevi aspettare che la buriana passasse. Vele, alberi e tavole che non planavano rendevano distruttivo entrare in mare con il maestrale dopo mezzogiorno...


Ma grazie alle informazioni che ci arrivavano codificate sulla rivista Surf, non c'era mese che non venissimo a conoscenza di nuovi metodi da applicare con il vento forte.Gli stratagemmi e le modifiche fatte sui materiali alle Hawaii venivano prontamente riprese da costruttori grandi e piccoli. All'improvviso questa evoluzione portò al fiorire di tutta una serie di componenti e accessori nati dal giorno alla notte un pò ovunque, Anche in Italia cominciarono a spuntare come funghi moltissimi artigiani e fabbricanti vari. Dalle vele, ai boma, agli alberi e alle tavole ovviamente. Scoppiava la mania del Funboard:ovvero del windsurf da cavalcare fra onde e buriane varie...Per quanto riguarda le tavole, dopo i primi timidi accorciamenti vari, una volta appresa la partenza dall'acqua , si scatenò la corsa al rimpicciolimento estremo.



con 350.000 lire comperavi tutto l'occorrente, blocco di polistirolo compreso..


Cominciammo ad autocostruirci, spesso, tavole corte e sottili, a volte non più lunghe di 2,40 cm. da usarsi con vento forte o fortissimo.. Bastava un piccolo calo di vento per sprofondare sotto la superficie del mare.. Questa frenesia era tanta e tale che praticamente ognuno di noi si fece con le proprie mani dei surf secondo le proprie idee o gusti. Tecnica di fabbricazione e materiali relativi erano puntualmente pubblicizzati sempre nella rivista che in quel periodo, inizio anni ottanta, dava ampi spazi su questo ricercato argomento..



caratteristiche pinne "a cucchiaio" dell'alpha Rocket


All'inizio cominciammo a seguire i profili e la tipologia dei primi funboard che vedevamo saltare nelle immagini che ci arrivavano dalle hawaii.Pesanti sui 15 /20 kg, a seconda di come ci riusciva l'opera progettata, tavoloni a poppa mozza e spessa, con due o tre pinnne e pure con deriva corta, Non facevamo in tempo a metterli in acqua e provarli che già il mese sucessivo nelle pagine di Surf ne vedevamo altri ancora più corti, più radicali, senza più deriva, sparati in immagini che li ritraevano in funambolici voli sempre più alti e contorti...



primi salti a Cagliari nel 1981


Iniziava l'epopea delle tavolette da vento forte e fortissimo. Alberi , vele e boma rapidamente presero forme e dimensioni adeguate, . Era possibile ora non solo strambare in velocità sulle onde del maestrale, ma , grazie alla appresa manovra della partenza dall'acqua, non vi era più nessun timore, per i bravi ovviamente, di uscire in mare con buriane impossibili da surfare fino a poco tempo prima. La partenza dall'acqua è una tecnica che viene scoperta, importata dalle hawaii come al solito, intorno al 1983. Fino ad allora non compare e non è descritta in nessun testo o foto dell'unica rivista in Italia, appunto Surf, vero contenitore di tutte le novità del settore..



 giubbini trapezio nel 1984


A Cagliari, rinomatissimo nella costruzione delle tavole da vento forte era Giovanni Fabbri che in quel periodo magico, nella quale ancora non esisteva alcuna produzione industriale di questo tipo di surf, forniva agli esigenti surfisti clienti tavole in cui spesso venivano eseguite tutte le richieste dettate da questi. Veri e propri capolavori di tecnica ed arte che rimangono tuttora ammirati testimoni di quell'epoca pionieristica.Naturalmente continuavano ad esistere le tavole tradizionali .



la campionessa Paola Toschi impegnata con la tavola a volume Mistral M.1 da seconda divisione


Con esse, e soprattutto con la loro massima rappresentazione in campo agonistico, le tavole a volume cioè, usate nella cosi detta seconda divisione, si continuavano a fare combattuttissime competizioni a tutti i livelli. Per capirci, nel 1984 il Windsurf esordi alle olimpiadi di Los Angeles con la tavola piatta WindGlider.Tavola, ormai già obsoleta tecnicamente , visti i miglioramenti che si avevano rapidissimi nel settore. Quattro anni dopo le olimpiadi furono disputate  con la tavola a volume di seconda divisione modello Lechner. Considerata la miglior soluzione quando fu scelta per la sucessiva olimpiade, era essa stessa nuovamente obsoleta quando fu usata poi a Seul nel 1988. In quel periodo ormai anche in regata dominavano le lunghe tavole funboard capaci di prestazioni molto superiori. Nel 1992 alle olimpiadi si utilizzò quindi la tavola funboard Mistral competition, e finalmente con questa si poterono fare tre olimpiadi consecutive senza che potesse essere considerata superata tecnicamente.



partenza di una gara slalom a Geremeas nel 1984


Noi regatavamo quindi con i seconda divisione impegnandoci nel classico triangolo olimpico, le regate con tavole piatte monotipo, che tanto fecero promozione all'inizio lentamente andarono a diminuire. Imperversavano però furiose competizioni in stile hawaiano con le tavolette. Soprattutto gare ad eliminazione di slalom e course race, che richiedevano però abbondanza di vento. Di questo però non potevamo lamentarci e innumerevoli sono state le manifestazioni, spesso goliardiche ed improvvisate fatte al poetto esoprattutto nella spiaggia di Geremeas



alla fine solo tavole Fabbri...


Bei tempi...


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